Sono tutti concordi nel dire che è veramente bella. Un attento restauro ha restituito, infatti, tutto intero il fascino e la bellezza della chiesa di San Michele.
Ma perché una chiesa a Leno dedicata all’arcangelo Michele, il braccio armato di Dio contro Lucifero, capo degli angeli ribelli? Perché una chiesa dedicata ad un culto particolarmente diffuso nei primi secoli del Cristianesimo in Oriente e poi nell’Alto Medioevo nel sud Italia, come è testimoniato in Puglia nella grotta dell’Arcangelo Michele al Gargano, e infine diffuso in tutta Europa?
Per trovare una risposta dobbiamo far riferimento ad un singolare manufatto, ritrovato dagli archeologi impegnati a Leno a scavare il sito dell’antica Pieve di San Giovanni. Ad est dell’Oratorio di “San Luigi”, nel campo ancora adesso chiamato di San Giovanni a poca distanza dalla roggia Santa Giovanna, dove nel frattempo è sorto il moderno quartiere, qualche decennio fa venne alla luce una necropoli longobarda con numerose tombe, datate dagli esperti al secolo VII, ricche di copiosi corredi. Tra i preziosi oggetti una piccola lamina d’argento, che una volta restaurata si dimostrò essere una lamina applicata sul fodero dell’arma del defunto.
Non un defunto qualsiasi, bensì un personaggio di particolare rilievo. Ce lo rivela proprio la lamina, che porta incisa, secondo i criteri epigrafici del tempo, la frase
RADONI VIVAT IN DEO SEMPER.
Un’espressione impegnativa che indica l’auspicio del proprietario dell’arma, Radoni, di essere per sempre confermato nella scelta di vivere in Dio. Si era da poco convertito al Cristianesimo e la sua decisione aveva voluto testimoniarla sull’arma, l’oggetto più importante per un guerriero longobardo.
Ma chi era Radoni, dal nome così particolare, che gli specialisti considerano del tutto raro, e cosa aveva a che fare con il culto di san Michele Arcangelo?
Radoni era un guerriero valoroso proprio di origini lenesi. Che fosse un personaggio di grande rilievo lo dimostra il fatto che con i suoi uomini fu convocato dal re Grimoaldo a Pavia per unirsi all’esercito chiamato ad intervenire nel 663 in aiuto di suo figlio Romualdo duca di Benevento. Assalito dalle truppe di Costante II imperatore di Bisanzio, con il soccorso del padre egli era riuscito a costringere le truppe imperiali a ritirarsi.
Che il guerriero lenese godesse di prestigio lo dimostra anche l’invito che gli aveva rivolto il duca Romualdo prima di ripartire per il Nord. Gli aveva chiesto di intervenire all’inaugurazione dell’ampliamento del santuario dedicato a san Michele al Gargano. Ricorda il fatto un’epigrafe ancora leggibile sulla parete della grotta. In essa si dà conto della presenza, accanto a Romualdo e ad altri, di Radoni, indicato con la specificazione di vir honestus vivat in Deo, cioè uomo stimato, che si propone di vivere in Dio.
A ben vedere il fatto che Radoni fosse stato richiesto di partecipare alla cerimonia aveva anche un altro scopo, quello di collaborare ad un progetto preciso del re Grimoaldo, ovvero di contribuire a diffondere anche nei territori del nord del regno il culto dell’Arcangelo Michele, protettore dei longobardi del Sud.
Negli ultimi decenni del secolo VII, infatti, nei territori settentrionali del regno troviamo sempre più spesso la testimonianza del culto dell’Arcangelo, che si accompagna all’altro tradizionale di san Giorgio, con una frequenza che giunge gradualmente a superarlo.
Non ne abbiamo prova certa. Possiamo tuttavia ipotizzare che anche a Leno Radoni, una volta tornato, abbia realizzato una cappella dedicata all’Arcangelo, testimoniando così la sua devozione al nuovo santo protettore del suo popolo e ne abbia promosso il culto anche nella sua terra, dove finì i suoi giorni e fu sepolto presso la Pieve di San Giovanni.
Quel che è certo, testimoniano le fonti, è il fatto che Desiderio, uno del suo gruppo familiare, prima di diventare re nel 757 fece edificare a Leno su aree di proprietà della famiglia una chiesa dedicata al Salvatore, alla Vergine e a San Michele Arcangelo, ampliando con ogni probabilità la stessa cappella fatta edificare da Radoni.
Si confermò così la tradizione di un culto all’Arcangelo che ulteriormente si rafforzò con la presenza dei dodici monaci venuti dal Sud, da Montecassino, per fondare per volontà di Desiderio nel 758 il monastero dedicato al Salvatore, che un secolo dopo sarà intitolato a San Benedetto.
Una tradizione di lungo periodo, che attraversa i secoli, quella del culto dell’Arcangelo Michele a Leno, che è testimoniata anche nell’affresco degli inizi del Quattrocento, conservato nella chiesa finalmente riconsegnata al culto, ora ancora nascosto dall’altare e che attende di essere restituito al suo splendore da un meticoloso restauro.
Vi appare una rappresentazione ricca di simboli e carica di straordinarie suggestioni: un’originale Natività, con la Madonna e Gesù Bambino e la figura dell’Arcangelo Michele che impugna una lancia nel gesto di colpire il drago, conferendo alla rappresentazione la capacità di evocare, tra l’altro, il racconto drammatico dell’evangelista Giovanni nell’Apocalisse.
E‘ questo ruolo dell’Arcangelo, pronto ad intervenire contro ogni più grave avversità, che nei secoli successivi emergerà, fino ad indurre chi interverrà a restaurare e poi ricostruire, ampliando fino alle forme attuali l’originaria chiesetta, ad intitolarla esclusivamente a Michele, il capo della schiera degli Arcangeli.
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