– Attenta!
– Ecco, adesso chi ci distingue più?
– Accigliandosi qualcosa si riconosce a chi appartenga, ma sono così incerta: anche quanto è rimasto uguale sembra non assomigliare a come lo ricordo.
– Allora?
– Niente, non ci si stacca.
– Diamine, questa collisione ci ha proprio ingarbugliate. Conviene ragionare al plurale, ormai: le nostre strade non scorrono più parallele, ma l’una dentro l’altra come mani che si tengano.
– Non guasterà in fondo un po’ di compagnia, mi ha stancata questo vivere sempre come estranea all’altro: di continuo intrecciata a una folla di mie consimili, ci attraversiamo eppure come fossimo spettri senza spessore di vita, nulla più che immagini o pensieri, come aria. Mischiati, stretti fino alla claustrofobia; ma incomunicabili, strappati di destino in destino finchè non appasisce ogni affetto o voglia e la disperazione non si accontenta degli infelici surrogati della superficialità.
– Occhio, il tergicristalli!
– Grazie per avermi tenuta.
– Ma di che, sarebbe un peccato perdersi proprio ora.
– Pensi sia la mano di qualcuno a cucire queste strane coincidenze in vite come destinate a incontrarsi? A dare un significato, insomma, come se inciampando nella circostanza sbagliata mancassimo un appuntamento o s’imboccasse una trama inesatta. Oppure per ogni traversa si sfocia al proprio dover essere, quasi chiamati da una gravità propria, inevitabile come per un fiume l’oceano? O semplicemente viviamo a tentoni, aprendo strade altrimenti non scritte, di bontà e svantaggi ignoti e rimessi al caso e alla nostra volontà, che talvolta s’incontrano nelle felicità più inaspettate o di un nulla le mancano – e il grande sarto del vivere è cieco, distratto, o – peggio – assente?
– Ignoro se queste corrispondenze siano un disegno o uno scarabocchio, soltanto so per certo che sono perlomeno un’opportunità. Attenta!
– Diamine, mi ha presa. Che faremo così separati?
– Cresceremo, amica mia. Il nubifragio ha per un istante tessuto la deriva di due lacrime in una vita comune, e chissà in che miracolo sperare quando non basta la nostra volontà a unirci! Il vento di un’altra pioggia o le sconfinate onde dell’oceano, o l’infinito di una nube e una nuova caduta in questo mondo, ancora, e con te!
L’imprevidibile incontro che diventa una promessa, qualche respiro di leggerezza, una disperata tregua al vivere: abbiamo avuto il nostro piccolo spazio d’eternità, e l’eco di questo tempo ci griderà dentro sinchè non l’estinguano lo schifo del proprio passato o la distrazione del presente – e anche così resta indelebile, come la macchia sotto il soprammobile che sta lì solo perchè non si veda, o il sibilo che resta nelle orecchie persino quando tutto intorno c’è silenzio. Sarà un nuovo vivere, un cominciare ancora, ma stavolta non da zero bensì da se stessi e da tutto quanto ci accompagna scorrendoci nelle vene e nella memoria – perchè anche da soli non siamo un io, bensì un noi.
Dialogo di due gocce sul parabrezza
―•• •• •― •―•• ――― ――• ――― / ―•• •• / ―•• ••― • / ――• ――― ―•―• ―•―• • / ••• ••― •―•• / •――• •― •―• •― ―••• •―• • ――•• ――•• •―
Commenti